Al cervello elettronico l'intelligenza la da l'uomo.
TRE SECOLI DI ELABORAZIONE DEI DATI
Questi appunti, traggono spunto da una pubblicazione dedicata all'informatica e realizzata dalla IBM Italia presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica di Milano, si propone di fornire occasione e materia per un ulteriore approfondimento dell'aspetto storico dell'elaborazione dei dati. Il titolo stesso conferma la nostra convinzione che l'elaboratore elettronico non è che la realizzazione finale determinata da un'esigenza umana di più vasta e generale portata: l'esigenza di adeguati strumenti di calcolo e di trattamento delle informazioni, la cui storia è antica come la storia stessa dell'uomo. Non ci stupisce, dunque, che all'invenzione dell'elaboratore abbiano concorso gli studi, le ricerche, gli sforzi di numerosi uomini di pensiero, provenienti da diversi settori scientifici e vissuti addirittura in epoche differenti Rimane tuttavia il fatto che, proprio nell'informatica, queste ricerche e questi apporti si fondono per la prima volta in una tecnologia organica, consapevole e dotata d'adeguati strumenti. L'interesse generale con cui la nuova tecnologia è stata accolta e la crescita degli utilizzatori in senso sia quantitativo sia qualitativo sono stati poi il migliore stimolo ad un ininterrotto fervore di ricerche e approfondimenti in questo campo, con un'evoluzione cosi rapida e progressiva dei prodotti e delle applicazioni da rendere praticamente vano il tentativo di un'opera storica aggiornata fino ad oggi. Per questo motivo si ferma all'anno 1970, senza tentare l'indagine oltre una data che fissa, per il momento, un possibile limite tra storia e cronaca. Questi appunti tendono a fornire alcuni esempi, con particolare attenzione alle esperienze italiane, seguendo un criterio che ha costretto ad omettere alcune, anzi molte, esperienze significative.Speriamo comunque che, pur nei suoi limiti, questi appunti possano valere come contributo per la conoscenza della storia di quella che da molti è considerata la tecnologia del futuro.
NASCE IL CALCOLO AUTOMATICO
La "Pascalina"
A diciannove anni, nel 1642, il matematico, filosofo e scrittore francese Blaise Pascal inventa una macchina che dimostra come i calcoli possano essere compiuti in modo puramente meccanico. Una serie di ruote, che rappresentano le unità, le decine, le centinaia ecc., portano sulla circonferenza le cifre da O a 9 e sono collegate fra loro mediante ingranaggi. ·La rotazione completa di una ruota fa avanzare di un'unità la ruota alla sua sinistra: per la prima volta una macchina esegue automaticamente il "riporto", finora conteggiato a mente dall'uomo. Per altri trecento anni il riporto automatico resterà il principio fondamentale di tutti gli strumenti di calcolo, dal contachilometri dell'automobile alla calcolatrice da tavolo.
La macchina di Leibniz images/Galleria4/meccanografia.jpg
Allo scopo di rendere automatici i calcoli delle tavole trigonometriche e astronomiche, nel 1671 il tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz progetta una macchina calcolatrice che utilizza pignoni dentati di varia lunghezza e una versione perfezionata del meccanismo di riporto automatico ideato da Pascal. In questo modo vengono eseguite meccanicamente le moltiplicazioni e le divisioni sotto forma di addizioni e sottrazioni ripetute. Lo sviluppo delle scienze, degli studi astronomici, della navigazione marittima, porta a una fioritura - nei secoli XVII e XVIII - di invenzioni e progetti di mezzi meccanici per effettuare in modo più rapido i calcoli sempre più complessi che si rendono necessari. Le raffinate invenzioni di Pascal, di Leibniz e degli altri studiosi rimangono però limitate alla ristretta cerchia degli scienziati loro contemporanei. La tecnica del tempo non è infatti in grado di produrre in serie i pezzi di grande precisione richiesti per il funzionamento delle macchine. Soltanto dopo la rivoluzione industriale, con il perfezionamento delle tecniche meccaniche e produttive, diventa possibile realizzare e produrre in serie diversi strumenti praticamente utilizzabili. Nello stesso tempo, grazie allo sviluppo dei commerci e delle società bancarie, si accresce rapidamente l'interesse verso le macchine calcolatrici che possono far risparmiare tempo e denaro.
L'aritmometro di Thomas de Colmar
Nel 1820 il finanziere francese Charles-Xavier Thomas de Colmar idea un dispositivo a pignoni dentati che esegue moltiplicazioni e divisioni basandosi sullo stesso principio della calcolatrice di Leibniz. Per la sua praticità, questa macchina incontra notevole successo: dal 1820 al 1890 ne vengono prodotte alcune migliaia di esemplari. Tutti i dispositivi visti finora non dispongono di congegni automatici veri e propri se non per effettuare i riporti: manca ancora un sistema di comando che consenta alla macchina di passare da un'operazione all'altra senza l'intervento dell'uomo.
Nasce la scheda perforata
Nel 1804 il francese Joseph-Marie Jacquard perfeziona l'idea del meccanico Falcon che un secolo prima aveva scoperto un nuovo sistema per rendere automatiche alcune fasi del lavoro di tessitura. Il telaio era guidato automaticamente nei suoi movimenti da una serie di fori praticati su delle schede di cartone. Nasce così la "scheda perforata" per trasmettere a una macchina le istruzioni necessarie al suo funzionamento .
La Macchina Analitica di Babbage
Nel 1822 Charles Babbage, un matematico inglese, realizza una "macchina differenziale" che è in grado di svolgere automaticamente calcoli scientifici ed astronomici. Dieci anni più tardi mette a punto il progetto di una "macchina analitica" che combina per la pri ma volta l'idea delle schede perforate con quella delle ruote a riporto automatico. La macchina analitica, che non venne realizzata in pratica per problemi tecnici ed economici, era in grado di compiere da sola tutte le operazioni aritmetiche sui numeri introdotti e di eseguirle in sequenze diverse per risolvere problemi diversi. L'aspetto più rivoluzionario è però lo schema generale della macchina, identico a quello che verrà adottato, un secolo più tardi, negli elaboratori elettronici moderni.
La moltiplicazione diretta
A un giovane inventore francese, il diciottenne Léon Bollée, si deve la costruzione nel 1887 della prima macchina capace di eseguire la moltiplicazione direttamente e non mediante addizioni ripetute. Il meccanismo moltiplicatore è costituito da una serie di piastre metalliche, su ciascuna delle quali sono fissate nove linee e nove colonne di aste di lunghezza diseguale.
La "Millionaire"
Progettata dallo svizzero Otto Steiger nel 1892, la "Millionaire" è una macchina calcolatrice a moltiplicazione diretta basata sul principio di Bollée. La moltiplicazione di ogni cifra avveniva mediante un giro di manovella. La "Millionaire" ebbe un largo successo commerciale: dal 1894 al 1935 ne furono venduti circa 4.500 esemplari per impieghi contabili, statistici e scientifici.
Calcolatrice di Burroughs
Nel 1899 l'americano William S. Burroughs, figlio di un meccanico, realizza una macchina calcolatrice a moltiplicazione diretta che diventa molto popolare in tutto il mondo, diffondendosi negli uffici come efficace strumento per sveltire la contabilità. Agli inizi del 1900, l'enorme progresso della tecnica permette di realizzare su vasta scala i pro getti che si sono accumulati nei secoli precedenti formando un considerevole patrimonio di idee. Le macchine calcolatrici meccaniche, che diventano in seguito elettriche, vengono prodotte in serie da importanti società e si diffondono rapidamente, soprattutto nel mondo degli affari. Le calcolatrici del primo Novecento presentano tuttavia limitate possibilità applicative e richiedono, in misura maggiore o minore, il continuo intervento manuale dell'uomo.
HERMAN HOLLERITH:
IL PIONIERE DELL'ELABORAZIONE DEI DATI
Il censimento americano del 1890
Nel 1887 non erano ancora terminati i calcoli del censimento americano del 1880 affidati manualmente a centinaia di impiegati. In previsione del censimento del 1890, l'esperto di statistica Herman Hollerith inventa un sistema per rappresentare il nome, l'età, il sesso, l'indirizzo e altri dati essenziali di ogni persona sotto forma di fori praticati su una scheda di cartoncino e contati poi elettricamente.
Sfruttando questa idea, il Governo degli Stati Uniti ottiene i risultati del nuovo censimento in appena due anni e mezzo, sebbene la popolazione sia intanto cresciuta da 50 a 63 milioni.
Il successo nel censimento americano fece sf che le macchine di Hollerith fossero immediatamente impiegate anche nei censimenti austriaci e norvegesi e nel primo censimento della storia russa, tenutosi nel 1896.
Una nazione intera contata elettricamente
Tutti i dati relativi ai nuclei familiari degli Stati Uniti (nome, indirizzo, età ecc.) contenuti nei 13 milioni di moduli raccolti per il censimento del 1890 vengono trasformati in una serie di fori su una scheda mediante uno speciale strumento a pantografo.
La scheda è divisa in 240 zone, ciascuna delle quali ha un particolare significato: ad esempio, un foro in una data zona indica che l'età del censito è di 30 anni, in un'altra zona che abita a Chicago, e cosi via.
Per leggere le informazioni registrate sulle schede, queste vengono inserite una alla volta in un apposito meccanismo ad aghi. Premendo una leva, gli aghi percorsi da corrente elettrica si abbassano: dove c'è un foro, l'ago passa, tocca il mercurio sottostante e fa cosi scattare di un'unità il relativo contatore.
La presenza di 40 contatori sulla macchina "tabulatrice" permette di contare simultaneamente diverse risposte fornite dalle persone censite, mentre un'altra macchina "selezionatrice" suddivide rapidamente in blocchi le schede secondo l'età, il sesso, il luogo di nascita ecc.: non appena viene letto un foro o un gruppo di fori specifici, si apre automaticamente un determinato sportellino nel quale l'impiegato ripone la scheda. ·
Schede perforate per il mondo degli affari
Le macchine di Hollerith vengono perfezionate per compiere diverse operazioni sulle schede perforate e dagli uffici governativi ben presto si diffondono nelle aziende e nelle industrie di maggiori dimensioni per risolvere problemi contabili e amministrativi.
Per aumentare il numero di informazioni registrate su ogni scheda, Hollerith sceglie le dimensioni della banconota da un dollaro (che rimarrà, da allora, il formato standard delle schede) e cambia la dimensione e la posizione dei fori.
LE MACCHINE A SCHEDE PERFORATE
Nei primi anni di questo secolo Herman Hollerith viaggia instancabilmente attraverso l'America e l'Europa per promuovere l'idea delle sue macchine a schede perforate che permettono di organizzare e classificare velocemente ed economicamente grandi quantità di dati.
Dal 1900 al 1940 queste macchine vengono modificate, perfezionate, rese più veloci. Viene sviluppata una serie di nuove macchine basate sugli stessi principi e capaci di eseguire ciascuna determinate operazioni sulle schede perforate.
Numeri e lettere
Note anche come "macchine meccanografiche", le macchine a schede perforate sono in grado di riprodurre i dati introdotti, di classificarli e suddividerli, di sommarli, moltiplicarli o dividerli.
Possono effettuare comparazioni e ricerche, preparare riepiloghi e prospetti, perforare su una scheda i risultati delle proprie operazioni o addirittura stamparli.
I dati vengono inoltre accettati ed emessi dalle macchine non solo sotto forma di numeri, ma anche di lettere, permettendo così una più facile comprensione dei risultati e delle informazioni trattate anche da parte del personale non specializzato.
Un'economia in crescita
La rapida crescita delle aziende, l'aumento dei compiti affidati agli enti pubblici, l'espandersi dell'economia e dell'industria, soprattutto negli Stati Uniti, richiedono nuovi strumenti contabili e organizzativi.
L'estendersi delle dimensioni delle imprese porta con sè l'esigenza di disporre tempestivamente di una documentazione sempre più vasta. La validità delle macchine a schede perforate per risolvere i problemi del mondo commerciale e produttivo sta nella loro capacità di ridurre gli archivi e i carteggi ormai divenuti troppo voluminosi, di ottenere in tempi più brevi risultati più precisi e di diminuire i costi per conoscere in ogni momento la situazione esatta in cui si trova l'azienda. Inoltre, le macchine a schede perforate non solo meccanizzano lavori prima svolti a mano, come la contabilità, ma consentono di svolgerne altri fino allora impossibili, quali ad esempio l'analisi dei costi e delle vendite.
Prime ad utilizzare le macchine meccanografiche sono le aziende che devono raccoglier ed elaborare grandi masse di informazioni: le compagnie telefoniche per registrare ed addebitare le conversazioni; le ferrovie per seguire il trasporto delle merci, le società di assicurazione per studiare le statistiche della mortalità e degli incidenti.
La scheda perforata
Nel 1928, pur mantenendo le dimensioni del biglietto da un dollaro, la capacità delle schede di contenere informazioni viene quasi raddoppiata: le colonne dei dati vengono infatti portate da 45 a 80. I fori assumono forma rettangolare: in ciascuna colonna ci possono essere uno o più fori che rappresentano un numero, una lettera o un carattere speciale (asterisco, parentesi ecc.).
A seconda della particolare applicazione cui sono destinate, le schede vengono suddivise in modo diverso mediante linee verticali. Possono essere anche impiegati colori differenti per rendere più facilmente riconoscibili le varie zone.
Per aumentare la quantità di informazioni immagazzinate su ogni scheda, si fa ricorso a "codici": ad esempio, per identificare dei prodotti, si impiegano dei numeri prestabiliti anziché il nome dei prodotti stessi che può essere notevolmente lungo.
L'elaborazione meccanografica
L'elaborazione dei dati mediante macchine meccanografiche comprende tre fasi distinte: l'intro duzione dei dati sulla scheda (perforazione); la loro elaborazione (selezione, inserimento, calco lo ecc.) ed infine l'ottenimento dei risultati sotto forma di perforazioni su schede o di prospetti stampati (tabulazione).
La fase di perforazione
Nella fase di perforazione, i dati contenuti nel documento originale (il modulo del censimento , l'ordinazione di un cliente, una bolla di consegna ecc.) vengono battuti da un operatore su una tastiera e convertiti in fori su una scheda.
Contemporaneamente essi vengono anche stampati in forma normale sul bordo superiore della scheda per una più agevole comprensione del significato delle perforazioni.
Poiché questa prima fase è l'unica in cui si ha l'intervento diretto dell'uomo che può provocare errori, battendo per esempio un tasto sbagliato, le schede vengono controllate per mezzo di una apposita macchina "verificatrice''.
Selezione, inserimento e calcolo
Le fasi successive alla perforazione sono effettuate da macchine operanti in modo completa mente automatico, fatta eccezione per il trasferimento manuale dei pacchi di schede da una macchina all'altra. L'elaborazione dei dati perforati sulle schede si può articolare in varie operazioni ricorrendo a diversi tipi di macchine.
La selezionatrice consente di ordinare le schede secondo codici prestabiliti: per esempio, introducendo nella macchina un pacco di schede, queste vengono tutte ordinate secondo il numero di codice progressivo, oppure vengono suddivise in più gruppi contraddistinti da codici diversi e raccolte in apposite caselle.
L'inseritrice è in grado di fondere assieme due serie di schede, dando origine a un unico gruppo ordinato con un certo criterio.
Una forma di elaborazione molto frequente è anche il calcolo, che viene svolto da macchine calcolatrici in grado di effettuare in modo automatico somme, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni sui dati contenuti nella scheda e capaci di perforare sulla stessa i risultati.
La stampa dei risultati
I risultati dell'elaborazione, oltre che perforati su schede, possono essere forniti in forma di prospetti o di documenti stampati.
Quest'ultima fase è realizzata mediante macchine tabulatrici che stampano direttamente i dati contenuti su ciascuna scheda oppure, mediante appositi organi aritmetici, sommano gruppi di dati stampando i relativi totali su prospetti riassuntivi.
Gli spazzolini di lettura
L'elaborazione delle schede è possibile in quanto le macchine meccanografiche sono dotate di dispositivi di lettura che avvertono le perforazioni, trasformandole in impulsi elettrici che muovono determinati organi interni per eseguire le operazioni volute.
Le schede da leggere escono a una a una dalla casella di alimentazione e vengono trascinate sotto degli spazzolini di lettura premuti contro il rullo di trascinamento: un'eventuale perforazione presente sulla scheda invia, attraverso il relativo spazzolino, un impulso elettrico che fa scattare un relé, mettendo così in movimento un organo che si ferma in una certa posizione corrispondente al dato letto.
Il relé elettromagnetico
Le macchine a schede perforate sono di tipo elettromeccanico e impiegano come elemento base il relé.
Nella sua forma più semplice il relé è costituito da una bobina e da una barretta metallica: se si fa passare la corrente attraverso la bobina, questa attrae la barretta provocando così il movimento degli organi meccanici della macchina mediante lo sganciamento di una leva, la rotazione o l'arresto di una ruota dentata ecc..
Il tempo necessario al relé per scattare da una posizione all'altra è dell'ordine del centesimo di secondo.
Il pannello
Per adattare le macchine meccanografiche ad affrontare problemi diversi, per esempio per passare dalla preparazione delle paghe all'emissione delle fatture, è necessario agire sul quadro di comando o "pannello''.
Il pannello è costituito da una serie di fori collegati con i vari organi della macchina : inserendo delle spine in certi fori piuttosto che in altri, si mettono in comunicazione elettrica fra !oro organi diversi e quindi la macchina esegue operazioni diverse o in sequenze diverse.
I contatori e le memorie
L'esecuzione delle operazioni aritmetiche viene affidata ai "contatori", organi di calcolo costituiti da gruppi di ruote e ingranaggi dentati in movimento, le cui diverse posizioni corrispondono alle varie cifre decimali.
Se nel corso di un'operazione un dato deve essere impiegato in più fasi successive, interviene la "memoria": un organo meccanico si ferma cioè in una certa posizione, "ricordando"così la cifra in questione per tutto il tempo necessario
Informazioni più tempestive
Prima dell'introduzione delle macchine meccano grafiche, tutte le procedure amministrative (dalla contabilità dei clienti alla liquidazione delle paghe ai dipendenti) venivano svolte a mano da un gran numero di impiegati mediante successive trascrizioni sui libri contabili, dando così luogo a notevoli ritardi e a frequenti errori.
Mediante le procedure meccanografiche, tutte le informazioni vengono invece registrate una sola volta sulle schede perforate che possono poi essere elaborate, a seconda delle esigenze, in molti modi diversi per fornire i risultati voluti.
Si eliminano cosi gli errori dovuti alle continue trascrizioni e s i evita la costosa ripetizione di registrazioni simili.
Inoltre, è possibile soddisfare richieste improvvise di informazioni (come l'elenco di tutti i clienti debitori nel mese precedente) e ottenere una serie completa di statistiche riassuntive e costantemente aggiornate su ogni attività aziendale.
Lo sviluppo delle applicazioni
Le applicazioni dei centri meccanografici sono numerose e possono interessare tutte le attività di un'azienda pubblica o privata.
E possibile, per esempio, meccanizzare la contabilità dei magazzini, dall'acquisto dei materiali fino alla loro conservazione e al loro successivo smistamento: ciò consente di conoscere in ogni momento la disponibilità di un certo articolo o il valore complessivo di tutti i prodotti accantonati.
Anche la produzione di uno stabilimento può essere controllata programmando le diverse lavorazioni da eseguire o la quantità dei vari pezzi da produrre e determinando il costo di vendita di ogni prodotto. Infine si preparano le fatture da inviare ai clienti, tenendo sotto controllo le modalità e le scadenze di pagamento.
Attraverso la registrazione delle ore lavorate da ciascun dipendente vengono preparati automaticamente i cedolini stipendio, mentre da tutte queste informazioni s i ottiene un quadro generale della contabilità aziendale con dati riassuntivi su particolari aspetti o attività.
Esistono poi applicazioni particolari. quali, per esempio, la preparazione delle bollette della luce o del gas, la registrazione delle imposte versate dai cittadini alle esattorie o la segnalazione automatica delle polizze che scadono in una società di assicurazioni.
Macchine più veloci e più complesse
Dopo la seconda guerra mondiale, mentre nascono i primi elaboratori elettronici e viene iniziata la loro costruzione in serie, i centri meccanografici continuano a diffondersi su larga scala in tutto il mondo.
Le macchine a schede perforate vengono via via perfezionate, rese più veloci mediante l'adozione di circuiti elettronici e capaci di svolgere nuove e più complesse operazioni.
I centri meccanografici in Europa
Nel primo decennio del secolo le macchine meccanografiche vengono introdotte con successo in Gran Bretagna e in Germania, diffondendosi poi anche negli altri Paesi europei.
Mentre continua l'impiego massiccio degli impianti Hollerith per i censimenti della popolazione, dalla Norvegia all'Egitto, dal Portogallo alla Bulgaria, circa 150 macchine sono installate in Europa alla fine del 1913 per conto di enti pubblici, aziende industriali e società commerciali. Dieci anni più tardi la sola Gran Bretagna conta un centinaio di installazioni e in Germania funzionano 116 tabulatrici e 100 selezionatrici.
La prima installazione di macchine meccanografiche in Italia risale al 1914, quando alcune unità vengono consegnate alla Pirelli e all'Istituto Nazionale Assicurazioni.
All'inizio degli anni trenta diversi centri sono installati presso enti governativi (Ferrovie dello Stato, Ufficio Centrale di Statistica, INPS), industrie (Fiat, Montecatini, Snia), compagnie di assicurazione (Assicurazioni Italia, Riunione Adriatica di Sicurtà), società elettriche e di trasporti.
Nel 1940 il nostro Paese conta una sessantina d'impianti; dopo una leggera flessione dovuta alla guerra, il loro numero sale rapidamente a 80 nel 1948 e a 139 nel 1950.
I CALCOLATORI ELETTROMECCANICI
Mentre le macchine a schede perforate si vanno diffondendo nel mondo degli affari per la loro capacità di elaborare informazioni, continuano gli studi di matematici e scienziati per costruir e dei dispositivi che siano in grado di effettuare ad altissima velocità i calcoli necessari-a risolvere svariati problemi scientifici, dalle previsioni meteorologiche ai calcoli delle orbite lunari.
Il calcolatore nel salotto
Nel 1936 il ventiseienne tedesco Konrad Zuse inizia a costruire nel.salotto dei genitori, con mezzi semplici e rudimentali, un calcolatore elettromeccanico, chiamandolo Z1.
A questo seguono altri modelli più perfezionati, Z2, Z3 e Z4 , che impiegano migliaia di relé e che vengono in parte finanziati durante la seconda guerra mondiale dagli uffici governativi.
Pur non avendo alcuna conoscenza degli analo ghi studi in corso negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, Zuse introduce nelle sue macchine due principi fondamentali dei moderni elaboratori: la rappresentazione binaria dei numeri e il controllo programmato mediante nastro perforato.
Mark 1: si realizza il sogno di Babbage
Dopo sette anni di studi nel 1944 viene realizzato dal professor Howard H. Aiken dell'Università di Harvard, negli Stati Uniti, in collaborazione con la IBM, il primo calcolatore aritmetico universale, che riprende le intuizioni di Charles Babbage e l'idea delle schede perforate del telaio Jacquard. Noto come Mark 1, il calcolatore (Automatic Sequence Controlled Calculator) è guidato nel suo funzionamento da una serie di istruzioni rappresentate da fori su un nastro di carta.
Leggendo queste istruzioni e i dati introdotti mediante schede perforate, la macchina procede da sola senza alcun intervento dell'uomo e fornisce i risultati del calcolo perforandoli su schede o
stampandoli attraverso due macchine per scrive re elettriche.
Chiamato familiarmente "Bessie" dagli specialisti, il Mark 1 è costituito da 78 calcolatrici collegate fra loro. Contiene oltre 3.300 relé che mettono in movimento organi meccanici, quali accumulatori a ruote, contatori ecc., ed è capace di sommare due numeri di 23 cifre in tre decimi di secondo o di moltiplicarli in circa 6 secondi.
Il Mark 1 conclude un importantissimo capitolo nella storia del calcolo aritmetico: realizza il sogno di matematici e scienziati e completa il ciclo di ricerche iniziato tre secoli prima dal giovane Pasca
l. L'uomo è riuscito a costruire macchine da calcolo funzionanti automaticamente: una volta introdotte le istruzioni e i dati da sommare o da dividere, il calcolatore è in grado di eseguire i calcoli e di emettere i risultati.
IL PRIMO CALCOLATORE ELETTRONICO DELLA STOR IA
Nel 1943 l'Università della Pennsylvania propone all'esercito degli Stati Uniti la realizzazione di una macchina capace di risolvere ad altissima velocità i problemi balistici dell'artiglieria.
Progettato da J. Presper Eckert, John W. Mauchly
ed Herman H. Goldstine, il calcolatore entra in funzione nel febbraio 1946 con il nome di ENIAC (Electronic Numerical lntegrator And Computer) e viene impiegato per svolgere, oltre ai calcoli balistici per i congegni automatici di tiro, vari lavori scientifici che vanno dallo studio dei raggi cosmici alle ricerche sull'energia atomica.
Nell'ENIAC vengono eliminate tutte le parti meccaniche in movimento per rappresentare i numeri, come i contatori a ruote, sostituite con tubi a vuoto che vengono attivati mediante impulsi elettronici e che indicano le varie cifre mediante il proprio stato di accensione o di spegnimento.
Poiché gli impulsi elettronici si muovono migliaia di volte più velocemente di un dispositivo elettromeccanico , l'ENIAC è in grado di effettuare oltre 300 moltiplicazioni al secondo, anziché una sola come i calcolatori elettromeccanici più perfezionati.
Il primo calcolatore elettronico della storia impiega 18.000 tubi elettronici, pesa oltre 30 tonnellate e occupa una superficie di 180 metri quadrati.
Il primo calcolatore elettronico, pur molto veloce, è costruito per svolgere essenzialmente un unico compito: i calcoli connessi alle traiettorie balistiche. Per predisporlo quindi a risolvere un problema diverso, è necessario modificare manualmente la posizione dei vari interruttori e le connessioni dei fili elettrici, impiegando parecchie persone per alcuni giorni.
La "macchina di Von Neumann"
Nel 1945 lo scienziato di origine ungherese John von Neumann progetta, presso l'Istituto di Studi Avanzati dell'Università di Princeton, negli Stati Uniti, quello che è universalmente riconosciuto come il vero prototipo dei moderni elaboratori elettronici.
La nuova macchina, denominata EDVAC (Electronic Discrete Variable Automatic Computer), è basata sul concetto di "programma memorizzato", cioè registra al proprio interno - nella "memoria" - non solo i dati su cui lavorare, ma anche le istruzioni per il proprio funzionamento espresse sotto forma di numeri. In questo modo il calcolatore può saltare da una istruzione all'altra secondo le varie necessità per risolvere problemi di tipo diverso.
Noto come "macchina di von Neumann" il calcolatore viene poi realizzato concretamente negli anni seguenti ed entra in funzione nel 1952 all'Università di Princeton.
L'idea di von Neumann ispira la progettazione di tutte le macchine successive. Dal 1945 al 1950 negli Stati Uniti ed in Europa si progettano diversi prototipi, basati su tec nologie costruttive di vario tipo e identificati dalle sigle EDSAC, MADM, UNl VAC, SEAC, MANIAC ecc.
Nasce I'"elaboratore" elettronico
La flessibilità operativa introdotta dal programma memorizzato di von Neumann consente al calco latore di diventare uno strumento non più riservato a ristrette cerchie di matematici e scienziati, ma adatto a risolvere più svariati problemi di ordine amministrativo, produttivo ed economico. Il calcolatore diventa cosi "elaboratore" per la sua capacità non solo di eseguire operazioni aritmetiche ad alta velocità, ma soprattutto di elaborare qualsiasi tipo di informazione.
Le strade finora completamente separate fra loro, percorse dagli scienziati per meccanizzare i propri calcoli e dagli uomini d'affari per organizzare ed elaborare i dati, convergono verso un'unica macchina : il moderno sistema elettronico per il calcolo numerico La nascita di questo nuovo strumento, le cui possibilità superano di gran lunga quanto è stato fino a questo momento realizzato, origina una vera e propria rivoluzione scientifica e culturale, come il motore a vapore aveva reso possibile, due secoli prima, la rivoluzione industriale inglese.
GLI ELABORATORI DELLA 1a GENERAZIONE
All'inizio degli anni 50 gli studi teorici sugli elaboratori elettronici escono dai laboratori universitari, dove hanno dato vita a tutta una serie di prototipi isolati, e cominciano a interessare anche le industrie.
Dalla fase puramente sperimentale si passa cosi alla produzione di queste macchine in più esemplari destinati alla vendita commerciale e inizia la loro diffusione nelle aziende e nella società.
La "fabbrica" delle informazioni
L'elaboratore elettronico numerico non è solo una macchina che esegue calcoli, è un congegno che lavora una materia prima particolare: migliaia o milioni di informazioni. Le organizza, le trasforma, le elabora, dando vita a informazioni di nuovo tipo in tempi ridottissimi - dell'ordine del millesimo o milionesimo di secondo :-- permessi dai dispositivi elettronici impiegati. E cioè una "fabbrica" di informazioni, che svolge compiti mai svolti in passato da nessun'altra macchina. Se si introducono nell'elaboratore due numeri, esso può fornire come informazione il risultato della loro moltiplicazione; ma se, per esempio, l'informazione immessa è una serie di testi letterari, la macchina può restituire come prodotto finito l'elenco delle parole più frequentemente usate dall'autore.
Una novità rivoluzionaria rispetto alle macchine da calcolo è la capacità dell'elaboratore di prendere decisioni logiche: esso cioè può eseguire un'analisi su qualunque informazione introdotta e, sulla base di questa, effettuare un'operazione piuttosto che un'altra. Naturalmente questo è possibile solo se l'uomo ha preventivamente comunicato alla macchina come dovrà comportarsi nei vari casi possibili.
Come funziona un elaboratore elettronico?
Tre sono le funzioni fondamentali che la macchina deve svolgere: immissione delle informazioni, loro elaborazione, emissione di nuove informazioni. I dati da utilizzare e le istruzioni necessarie ad eseguire automaticamente le varie operazioni,
espressi sotto forma di perforazioni su schede, vengono letti dall'unità di immissione e trasferiti nella memoria interna. Da qui i dati passano nell'organo aritmetico e logico, dove vengono eseguiti i calcoli e le elaborazioni indicati dalle istruzioni impartite alla macchina.
I risultati vengono quindi inviati all'unità di emissione, che provvede a perforarli su scheda oppure a stamparli su un foglio di carta. Mentre nelle macchine meccanografiche tutte le varie fasi si svolgono separatamente, con continui interventi manuali e controlli intermedi, nell'elaboratore tutte le operazioni e tutti i controlli sono effettuati automaticamente, dall'immissione dei dati fino all'emissione dei risultati.
Il funzionamento dell'elaboratore è infatti guidato da un'apposita unità di controllo che comprende il significato delle istruzioni impartite, presiede alla loro esecuzione, ne controlla l'esattezza e regola il movimento dei dati attraverso le varie parti della macchina.??
Il codice degli impulsi elettrici
Per rappresentare un'informazione (un numero, una lettera ecc.) sono sufficienti due soli simboli. L'alfabeto Morse, per esempio, creato nella seconda metà del 1800 per la trasmissione telegrafica delle informazioni, è basato sui due simboli "punto" e "linea" che opportunamente combinati rappresentano tutte le lettere e le cifre.
Questa possibilità viene sfruttata anche nell'elaboratore, che è una macchina costituita da un insieme di componenti elementari che si possono trovare solamente in due condizioni diverse: in un circuito passa o non passa corrente, un tubo elettronico è acceso o spento, un anello di materiale ferromagnetico è magnetizzato in un verso o nel verso opposto ecc.
Per far si che l'elaboratore registri le informazioni si indicano convenzionalmente con 1 e con O le due possibili condizioni dei suoi componenti e si rappresentano numeri, lettere e segni mediante combinazioni di 1 e di O. Questo codice viene detto "binario" e i due simboli 1 e O sono anche chiamati "bit" (dall'inglese Binary Digit cifra binaria).
Il sistema numerico binario
Il sistema di numerazione adottato normalmente dall'uomo è il sistema decimale, che utilizza dieci simboli. Il posto che le cifre occupano rappresenta le unità, le decine, le centinaia ecc., cioè le potenze crescenti di 10. Il sistema numerico binario, adottato negli elaboratori, impiega invece solamente due simboli (1 e 0) e il posto che essi occupano rappresenta le potenze crescenti di 2. Quando ci si sposta a sinistra di una colonna, il valore di ogni cifra non aumenta di dieci volte come avviene nel sistema decimale ma di due volte.
Oltre ai numeri, anche le lettere, i segni di interpunzione e qualsiasi altro simbolo di significato speciale possono essere rappresentati con le due cifre 1 e O mediante l'impiego di codici basati sul sistema binario fondamentale. Poiché 1 e O per la macchina significano presenza o assenza di un impulso elettrico, è possibile comunica re e far "ricordare" all'elaboratore sotto forma di segnali elettrici tutte le informazioni e le istruzioni necessarie per svolgere le operazioni richieste. Per l'elaboratore i vantaggi maggiori dell'adozione del sistema numerico binario, rispetto al sistema decimale, stanno nella necessità di dover distinguere un segnale elettrico solamente fra due possibili, anziché tra dieci, e nella possibilità di impiegare le regole dell'aritmetica binaria che è molto più semplice di quella decimale.
L'immissione dei dati
Le schede che contengono le informazioni da elaborare e le istruzioni per il lavoro da svolgere vengono introdotte in un apposito lettore. Dodici spazzolini metallici percorsi da corrente penetra no, colonna per colonna, nei fori presenti e tra sformano le perforazioni di ogni scheda in una serie di impulsi elettrici che, in forma binaria, vengono trasmessi e registrati nella memoria in attesa di essere utilizzati nelle elaborazioni richieste
La memorizzazione delle informazioni
Nei primi elaboratori elettronici la memoria è costituita da tubi a raggi catodici che registrano le informazioni sui vari punti dello schermo, oppure da tamburi magnetici che ruotano ad alta velocità. Una serie di testine magnetiche "scrive" i dati e le istruzioni sulla superficie cilindrica del tamburo in forma di punti magnetizzati e li "legge" poi in pochi millesimi di secondo.
Verso il 1955, negli elaboratori più evoluti la me moria a tamburo viene sostituita da' milioni di nu clei di ferrite che consentono di registrare in poco spazio un numero molto maggiore di dati e di leggerli mille volte più velocemente .
I nuclei sono microscopici anellini di materiale magnetico attraversati da due fili elettrici fra loro perpendicolari: al passaggio degli impulsi provenienti dall'unità di immissione dei dati ogni nucleo si può magnetizzare in due sensi opposti e può cosi registrare convenzionalmente 1'1 o lo O.
Un terzo filo elettrico è in grado di prelevare l'in formazione registrata, riconoscendo lo stato del nucleo e inviando un impulso corrispondente in pochi milionesimi di secondo.
La fase di elaborazione
L'esecuzione delle operazioni aritmetiche e logiche viene svolta all'interno dell'unità centrale mediante circuiti a tubi elettronici, il cui impiego costituisce la caratteristica tecnologica che contraddistingue gli elaboratori della cosiddetta "1a generazione".
Il tubo a vuoto, noto anche come "valvola", è nella forma più semplice un'ampolla di vetro in cui è stato praticato il vuoto e che contiene i due capi di un circuito elettrico: a seconda della tensione applicata, il tubo consente o meno il passaggio degli impulsi elettrici, indicando cosi ·convenzionalmente i simboli 1 e O.
Questa funzione, analoga a quella di un semaforo che regola il passaggio delle automobili secondo che sia intervenuto o no un segnale di "via libera", era svolta nei calcolatori elettromeccanici dai relé: il tempo di scambio di un tubo a vuoto è però solamente di qualche milionesimo di secondo, contro i centesimi di secondo richiesti dall'apertura o chiusura di un relé.
L'algebra binaria
Per eseguire le varie operazioni aritmetiche e logiche l'elaboratore si basa su poche e semplicissime regole, note come "algebra di Boole", dal nome del matematico inglese che le formulò verso la metà del 1800 per i sistemi di tipo binario. I circuiti di calcolo della macchina combinano cioè i vari impulsi elettrici ricevuti in modo da rispettare le regole binarie della somma, della moltiplicazione ecc. Le moltiplicazioni vengono effettuate dall'elaboratore come una serie di somme successive, le sottrazioni e le divisioni vengono trasformate in somme mediante particolari accorgimenti: usando il sistema binario, la macchina, quindi, non esegue mai nulla di più complicato di 1 + 1.
Potendo fare le sottrazioni, l'elaboratore è in grado anche di svolgere la funzione logica della decisione, che non è nient'altro che un confronto tra due grandezze, cioè in ultima analisi una sottrazione. In base al risultato di questa sottrazione, che può essere un numero positivo, un numero negativo, oppure zero, l'elaboratore può essere predisposto ad eseguire operazioni alternative.
L'unità di controllo
La memoria, che immagazzina al suo interno i dati e le istruzioni, non è in grado di comprendere il significato degli ordini che contiene. La loro interpretazione è affidata all'unità di controllo, che sonda il contenuto dei nuclei di ferrite e utilizza i vari stati ''1" e "O" per ricavarne opportuni impulsi di corrente i quali provocheranno a velocità elettronica gli effetti voluti.
Ogni istruzione introdotta nella memoria si compone di due parti: la prima serie di impulsi indica qual è l'operazione da compiere; la seconda parte indica invece la posizione della memoria in cui si trova il dato che è necessario all'operazione, cioè il suo "indirizzo".
La risposta dell'elaboratore
I risultati delle elaborazioni vengono materialmente forniti dall'elaboratore attraverso le unità per l'emissione dei dati. Il più semplice di questi dispositivi è il perforatore di schede, che provvede a convertire i risultati dalla forma binaria in quella comprensibile all'uomo: una serie di punzoni, mossi da opportuni impulsi inviati dall'unità centrale di elaborazione, trasforma i risultati in perforazioni su scheda.
Le memorie ausiliarie
Verso la metà degli anni 50 le possibilità applicative degli elaboratori vengono notevolmente ampliate dall'impiego di memorie ausiliarie esterne. Nastri, dischi e tamburi magnetici registrano grandi quantità di informazioni da conservare permanentemente o da utilizzare rapidamente durante le fasi di elaborazione.
I nastri magnetici
I nastri magnetici sono fettucce di plastica, ricoperte di ossido ferritico e larghe meno di 2 centimetri, su cui le informazioni vengono registrate in forma di punti magnetizzati o non magnetizzati lungo piste parallele per rappresentare i simboli 1 e 0 Come avviene in un comune registratore, dati vengono registrati o rilevati mediante una testina magnetica.
Più unità a nastri possono essere collegate allo stesso elaboratore, permettendo così di immagazzinare milioni di informazioni, registrandole o leggendole alla velocità di circa 15.000 numeri o lettere al secondo, molto superiore cioè a quella realizzabile mediante schede perforate.
I dischi magnetici
Mentre per leggere un'informazione registrata su nastro è necessario svolgerlo dall'inizio fino al punto che interessa, i dischi magnetici sono in vece unità di memoria ad accesso diretto che consentono di raggiungere istantaneamente qualsiasi dato registrato.
Presentata per la prima volta nel 1956 sul Sistema IBM 305 Ramac, la memoria a dischi è simile a un juke-box.
Una pila di dischi metallici ruotanti immagazzina le informazioni sulle proprie superfici lungo piste concentriche e in forma di punti magnetizzati. Una o più testine magnetiche penetrano tra i di schi e provvedono alla registrazione o alla lettura dei dati.
La disponibilità dei dischi magnetici, capaci di individuare e aggiornare in frazioni di secondo informazioni sparse tra la gran massa di dati archiviati , fornisce grande impulso alle applicazioni degli elaboratori.
Il programma di lavoro
Come tutte le macchine, l'elaboratore è capace di eseguire soltanto ciò che gli è stato detto di fare e soltanto nel modo che gli è stato indicato. Il "programma" è appunto la serie di istruzioni che la macchina deve eseguire
passo passo per svolgere automaticamente il proprio lavoro e che vengono registrate nella sua memoria prima dell'inizio del lavoro stesso.
Istruire un elaboratore, cioè programmarlo , vuol dire identificare tramite uno schema estremamente elementare e dettagliato (il "diagramma a blocchi") tutte le operazioni matematiche e logiche che la macchina deve eseguire in un certo ordine, prevedendo anche le eventuali alternative che si possono presentare nella risoluzione del problema.
Questo schema viene poi convertito nelle effettive istruzioni elementari che devono essere eseguite dalla macchina. Preparare un programma è quindi un lavoro lungo e gravoso, ma poi l'elaboratore non ha più bisogno dell'intervento umano e può procedere automaticamente, con la velocità consentita dai suoi circuiti elettronici, svolgendo il programma anche migliaia di volte al giorno e sempre con assoluta precisione.
Il linguaggio per "parlare" alla macchina
L'unico linguaggio che l'elaboratore è in grado di comprendere direttamente è fatto di numeri. Ogni programma è quindi costituito da una serie lunghissima di cifre binarie che la macchina comprende perché sa ad esempio che 0110 significa "esegui la moltiplicazione" o che 1011 significa "metti il risultato nella memoria".
Questo "linguaggio di macchina" non ha per l'uomo alcun significato immediato ed è molto difficile da ricordare e da impiegare senza commettere errori. Sono nati allora i "linguaggi simbolici", che sostituiscono i numeri con delle lettere che ne esprimono il significato: per esempio, per comandare alla macchina di perforare una scheda, basta comunicarle la sigla "P,” per farle eseguire un'addizione la sigla "A" e così via.
Naturalmente, bisogna introdurre una volta per tutte nella macchina una particolare serie di istruzioni che consentano all'elaboratore di tradurre automaticamente le varie sigle incontrate nel linguaggio fatto di 1 e O ad esso comprensibile. Nel 1957, dopo anni di studi, un gruppo di esperti della IBM mette a punto un linguaggio simbolico avanzato noto come FORTRAN o "traduttore di formule". Questo linguaggio, molto più vicino al normale linguaggio parlato dall'uomo, è particolarmente adatto a esprimere istruzioni che risolvono problemi matematici, tecnici e scientifici.
Con il Fortran l'uomo si esprime mediante parole a lui comprensibili come "moltiplica", "calcola'', "radice quadrata" ecc. che l'elaboratore provvede poi a trasformare automaticamente nel linguaggio di macchina.
Elaboratori scientifici e commerciali
Per meglio rispondere alle diverse esigenze applicative, gli elaboratori vengono progettati con proprietà differenziate che li individuano come scientifici o commerciali.
Poiché i problemi di tipo scientifico, dalle ricerche di fisica nucleare allo studio delle traiettorie dei missili, sono caratterizzati dalla presenza di pochi dati che devono però essere sottoposti a numerosissime operazioni di calcolo, negli elaboratori di tipo scientifico l'attenzione è posta sull'altissima velocità di calcolo, sull'esattezza e sull'autocontrollo delle operazioni, mentre importanza minore è assegnata alla velocità di lettura dei dati e di stampa dei risultati.
Gli elaboratori commerciali, viceversa, che non devono eseguire calcoli molto complessi, sono dotati di unità di immissione ed emissione dei dati ad alta velocità necessarie per leggere una grande massa di informazioni contabili e stampare fatture, prospetti e documenti amministrativi.
La proliferazione degli elaboratori
All'apparizione dei primi elaboratori elettronici, gli stessi esperti valutarono inizialmente che sola mente quattro o cinque grandi industrie degli Stati Uniti avrebbero potuto essere realmente interessate al loro impiego.
Installato invece nel 1951 il primo elaboratore costruito in serie, si assiste a una notevole diffusione di queste macchine, via via favorita dall'introduzione di nuove tecniche, di nuove unità e di nuovi metodi di programmazione. .
Nel 1953 il numero di elaboratori impiegati in tutto il mondo è salito a circa 100 unità. Nel 1958 i soli Stati Uniti dispongono complessivamente di circa
2.500 esemplari.
In Italia il primo elaboratore elettronico viene installato nel 1954 al Politecnico di Milano e solamente nel 1957 si ha il primo utilizzo di questa macchina in un'azienda.
Nel 1958 sono installati nel nostro Paese una decina di elaboratori, che si affiancano a circa 700 impianti meccanografici.
Alla fine della cosiddetta 1a generazione, nel 1958, gli elaboratori elettronici hanno conquistato la fiducia dei propri utilizzatori.
Considerati all'inizio più come strumenti di calcolo adatti alle ricerche universitarie che macchine utili alle esigenze operative di enti ed aziende per la loro capacità di elaborare informazioni in senso lato, gli elaboratori superano via via le limitazioni dovute a tecniche costruttive e di programmazione non ancora raffinate.
Il loro impiego non rappresenta piu un' "avventura" per le aziende e gli enti che li installano, ma risponde ormai ad una necessità per risolvere i vari problemi operativi.
GLI ELABORATORI A TRANSISTOR
Verso la fine degli anni 50 i tubi a vuoto vengono completamente sostituiti dai transistor nei circuiti aritmetici e logici delle unità centrali. Nasce cosi quella che è riconosciuta come la "28 generazione" di elaboratori elettronici. Con l'impiego dei transistor e cori il perfezionamento delle macchine e dei programmi, l'elaboratore elettronico diventa più veloce e più economico e si diffonde in decine di migliaia di esemplari in tutto il mondo.
Sotto la spinta della mutata situazione economica generale, della crescita continua delle imprese, dell'introduzione di nuove tecniche di organizzazione e di direzione aziendale, si passa da un utilizzo prevalentemente contabile e statistico ad applicazioni più complesse che investono tutti i settori di attività.
Il transistor
Realizzato nel 1948 dàgli americani J. Bardeen,
W.M. Brattain e W. Shockley, che meritano per questa scoperta il premio Nobel, il transistor è un dispositivo elettronico costituito da un cristallo di silicio o di germanio in cui vengono opportunamente introdotti atomi di materiale diverso. Per certi valori della tensione elettrica cui è sottoposto esso ha la capacità di trasmettere o meno la corrente e quindi di rappresentare l'1 e lo 0 che sono necessari al funzionamento interno della macchina.
Rispetto ai tubi a vuoto, i transistor presentano numerosi vantaggi: hanno infatti un costo di fabbricazione nettamente minore e una velocità dieci volte maggiore, potendo passare dallo stato 1 allo stato 0 in pochi decimi di milionesimo di secondo.
Le dimensioni di un transistor sono di alcuni millimetri contro i parecchi centimetri di un tubo a vuoto, permettendo cosi di costruire macchine con decine di migliaia di circuiti complessi contenuti in uno spazio ridotto. Anche la sicurezza di funzionamento viene aumentata perché i transistor, operando "a freddo", evitano le rotture per riscaldamento che erano abbastanza frequenti nei tubi: in pratica la durata media di un transistor è di circa 90.000 ore, equivalenti a più di 10 anni di lavoro.
Lo sviluppo delle unità periferiche
Il notevole sviluppo degli elaboratori e delle loro applicazioni in questo periodo non è dovuto sola mente alle caratteristiche dell'unità centrale di elaborazione, ma anche ai continui perfezionamenti apportati alle memorie ausiliarie e alle unità per l'immissione e l'emissione dei dati.
Le memorie a dischi, mediante l'impiego di una serie di testine a pettine, sono capaci di registra re decine di milioni di lettere o cifre. Più unità possono essere contemporaneamente
collegate all'elaboratore, portando cosi la capacità totale di memorizzazione a diverse centinaia di milioni di caratteri: è possibile registrare, per esempio, tutte le caratteristiche anagrafiche degli abitanti di una città con un milione di abitanti e tenerle costantemente aggiornate in seguito a nascite, matrimoni ecc.
Accanto ai dischi stabilmente collegati con l'unità centrale si introducono delle unità in cui le pile di dischi sono mobili e possono essere facilmente sostituite con un'altra pila in pochi secondi. Ogni pacco di dischi può essere archiviato in uno scaffale, come se si trattasse di un normale volume, finché non deve essere utilizzato di nuovo. Anche se la capacità dei dischi mobili è minore rispetto a quelli fissi, la loro intercambiabilità assicura una riserva praticamente illimitata di dati pronti per l'elaborazione.
I caratteri a inchiostro magnetico
Per evitare la trascrizione dei' dati dal documento originale a una scheda perforata, le informazioni possono essere scritte con particolari caratteri a inchiostro magnetico e lette direttamente dalla macchina ad alta velocità.
Uno speciale lettore magnetico riconosce le cifre e i simboli (che indicano "importo", "addebito" ecc.) esaminandone la forma e confrontando la con quella registrata in una propria memoria interna: una ·corrispondente serie di impulsi viene trasmessa all'elaboratore, mentre i documenti introdotti vengono suddivisi in varie caselle di raccolta a seconda del contenuto.
I caratteri a inchiostro magnetico trovano largo impiego soprattutto nella lettura automatica degli assegni, che permette alle banche di evitare lunghe trascrizioni relative a milioni di documenti contabili.
Il lettore ottico di documenti
La forma piu diretta d'introduzione dei dati nel l'elaboratore è la lettura ottica dei documenti originali dattiloscritti, stampati o marcati manualmente con segni a penna e a matita.
Il documento introdotto nella macchina scorre sotto una potente sorgente luminosa: poiché questa luce viene riflessa in modo diverso da ciascun carattere a seconda della sua forma, le riflessioni vengono trasformate in una serie di impulsi elettrici che sono confrontati con quelli tipici di ogni carattere registrati nella memoria del lettore.
I singoli caratteri sono così riconosciuti e immediatamente trasferiti alla memoria centrale dell'elaboratore , mentre il documento letto viene smistato verso le caselle di raccolta.
Stampatrici a catena e ad aghi
Nella stampatrice a catena i vari caratteri sono ripetuti più volte lungo una catena chiusa (simile a una catena di bicicletta) che ruota continuamente ad alta velocità. Quando il carattere che si desidera stampare passa davanti alla posizione voluta, un martelletto comprime il foglio contro il nastro inchiostrato provocando cosi la stampa del numero o della lettera richiesti.
Nella stampatrice ad aghi, invece, la sagoma di ciascun carattere è riprodotta da una serie di aghi comandati elettricamente e premuti contro un nastro di stoffa inchiostrato.
La carta viene fatta avanzare automaticamente col procedere della stampa, prevedendo sul foglio spaziature e posizionamenti in base alle istruzioni fornite in precedenza all'elaboratore.
La sovrapposizione delle operazioni
Gli elaboratori più avanzati della 2a generazione, mediante uno speciale dispositivo per lo smistamento dei dati al loro interno, sono in grado di sovrapporre diverse operazioni, cioè contemporaneamente di leggere e perforare schede, eseguire calcoli e prendere decisioni logiche, scrivere e leggere le informazioni su nastri magnetici.
Il colloquio tra l'uomo e la macchina
All'inizio degli anni 60 sono stati ormai sviluppati diversi linguaggi di programmazione di tipo "simbolico", che facilitano l'impiego delle macchine anche da parte di persone non specializzate, diminuiscono la possibilità di errori ed il tempo necessario per predisporre l'elaboratore al lavoro
oltre al FORTRAN, LINGUAGGIO UNIVERSALE DEGLI elaboratori per problemi scientifici e tecnici, notevole successo incontra anche il COBOL (Common Business Oriented Language), che impiega le parole normalmente in uso nel linguaggio degli affari ed è studiato per le applicazioni di tipo commerciale.
L'elaborazione dei dati a distanza
Lo sviluppo delle aziende, delle industrie, degli enti di vario tipo porta a un aumento di uffici, stabilimenti e magazzini periferici. Per tenere sotto controllo queste organizzazioni cosi articolate ed assicurare lo scambio continuo di informazioni tra il centro e la periferia, nascono le "unità terminali": installate negli uffici periferici, esse hanno il compito di trasmettere i dati all'elaboratore centrale che si trova anche a centinaia di chilometri di distanza.
Un lettore di schede perforate trasforma opportunamente i dati introdotti in modo che possano correre lungo le normali linee telefoniche.
All'arrivo un perforatore riconverte i dati in perforazioni su schede pronte per ssere elaborate.
Il "tempo reale"
In alcuni casi esiste la necessità di ricevere il risultato delle elaborazioni .immediatamente o, co me si usa dire, in "tempo reale".
Si impiegano allora delle unità terminali pili perfezionate, che possono non solo trasmettere informazioni e messaggi, ma anche riceverli, e che vengono collegate mediante linea telefonica direttamente all'unità centrale dell'elaboratore.
I dati vengo no introdotti nell'unità terminale mediante schede perforate o battendoli su una tastiera. L'elaboratore, dovendo far fronte a qualsiasi richiesta proveniente dai terminali , è dotato di memoria a dischi magnetici in modo da utilizzare immediatamente qualunque dato registrato e tornire la risposta in tempi ridottissimi.
Ai terminali la risposta perviene stampata oppure sotto forma di perforazioni su scheda o nastro di carta.
La possibilità di conoscere ed elaborare immediatamente i dati che si riferiscono all'attività di qualsiasi filiale o ufficio periferico imprime una notevole spinta per la moderna organizzazione di banche, aziende di trasporti, enti pubblici, imprese industriali ecc.
Gli elaboratori nella conquista dello spazio
Il progetto Mercury, che nel 1962 porta nello spazio il primo astronauta americano, fornisce un impulso decisivo allo sviluppo degli elaboratori e in particolare dell'elaborazione a distanza dei dati. I voli spaziali richiedono infatti sistemi e tecniche speciali che siano in grado di raccogliere i dati rilevati da stazioni radar o dispositivi telemetrici, trasmetterli a migliaia di chilometri di distanza,trasformarli in forma numerica, analizzarli ed elaborarli in tempi brevissimi mediante macchine funzionanti in "tempo reale".
Guidare e controllare la traiettoria di un razzo che si muove alla velocità di 8.300 metri al secondo significa compiere milioni di calcoli al minuto su un enorme e continuo flusso di dati proveniente dalle stazioni di controllo sparse in tutto il mondo e dallo stesso veicolo spaziale. La posizione del razzo o della capsula con l'uomo a bordo deve essere individuata, analizzata e confrontata con la rotta ideale, in tempo utile perché possano essere prese decisioni vitali per il successo della missione e per la sicurezza dello stesso astronauta.
Il controllo dei processi industriali
Nel 1959, presso la raffineria Texaco di Port Arthur, negli Stati Uniti, viene installato il primo elaboratore elettronico per ìl controllo automatico di un processo industriale.
Gli elaboratori di questo tipo sono progettati per seguire, istante per istante, l'andamento di un impianto chimico o petrolifero, di un altoforno o dì un laminatoio, di una macchina per la produzione della carta, controllando con continuità la qualità del prodotto che esce dal processo.
L'elaboratore viene collegato direttamente a vari strumenti di misura disseminati lungo l'impianto, analizza le misure raccolte e le confronta con quelle registrate nella propria memoria che individuano il funzionamento ottimo dell'impianto, fornendo cosi informazioni accurate sull'andamento del processo, segnalando immediatamente le condizioni anormali e suggerendo in tempo utile le correzioni più convenienti da apportare.
Le tecniche di programmazione
L'evoluzione delle tecniche dì programmazione consente di mettere a punto programmi che svolgono compiti di tipo ripetitivo o che affidano alla macchina stessa la tempificazione e l'organizzazione di alcuni lavori. Per semplificare il lavoro di programmazione di chi impiega l'elaboratore, le
case costruttrici mettono inoltre a disposizione programmi applicativi generali che risolvono pro blemi comuni a un certo tipo di aziende, dal con!rollo della produzione alla pianificazione delle at-tività, e che gli utilizzatori devono solamente completare con pochi dati caratteristici della propria applicazione.
Le "famiglie" di elaboratori
Durante gli anni della 28 generazione si assiste ad una graduale evoluzione delle caratteristiche costruttive degli elaboratori, che aumentano la propria velocità di circa 10 volte, diventano più completi con il perfezionamento delle unità ausiliarie e periferiche, vengono resi più sicuri ed economici.
Contemporaneamente, lo sviluppo delle tecniche di programmazione consente un impiego più semplice e razionale dell'elaboratore, mentre l'indirizzo prevalente delle case costruttrici è di produrre macchine aventi almeno certi criteri comuni d'impostazione, per ottenere serie modulari di elaboratori con potenza crescente e con alcune caratteristiche fondamentali uguali: esempio di questa nuova impostazione sono le serie IBM 7000 e 1400, progettate rispettivamente per le applicazioni scientifiche e commerciali.
L'espansione dell'automazione
Nel 1964, alla fine della 23 generazione, gli elaboratori elettronici installati in tutto il mondo sono circa 25.000, di cui quasi 20.000 nei soli Stati Uniti. In Italia, i 10 elaboratori installati nel 1958 sono diventati tre anni dopo 360 (280 di piccole dimensioni, 50 di media potenza e 30 dì grandi dimensioni); alla fine del 1964 le macchine installate e quelle ordinate sono oltre 900.
Nel nostro Paese, i settori di maggiore presenza degli elaboratori sono, nell'ordine, quelli delle industrie manifatturiere, delle banche e assicurazioni, della pubblica amministrazione. Per quanto riguarda la distribuzione regionale, il primo posto è occupato dalla Lombardia, con oltre un terzo di tutti gli elaboratori installati in Italia,seguita dal Lazio e dal Piemonte.
LA 3a GENERAZIONE DI ELABORATORI
Nell'aprile 1964 il lancio sul mercato di una nuova serie di elaboratori,
il Sistema/360 IBM, viene salutato come l'inizio della "38 generazione" di queste macchine.
Le principali caratteristiche dei nuovi elaboratori sono la loro componibilità in forme e dimensioni diverse e l'impiego di circuiti microminiaturizzati capaci di "scattare" in pochi miliardesimi di secondo.
Durante la sua terza generazione, l'elaboratore fa registrare una crescita spettacola re nel numero di macchine installate, nelle loro prestazioni e nella quantità di applicazioni svolte, investendo i settori e le attività pili diverse attraverso un impiego generalizzato. Divenuti il simbolo stesso di quella tecnologia che tanto influenza il mondo attuale, gli elaboratori elettronici svolgono un ruolo preciso e importante nella società e contribuiscono val idamente allo sviluppo della comunità organizzata.
Il "meccano" elettronico
Il Sistema/360, adatto a svolgere sia lavori commerciali che scientifici, è costruito in diversi modelli che si differenziano per la velocità operativa e per la capacità di memoria principale.
Simile ad un grande meccano elettronico, esso è "componibile": ogni modello può essere cioè potenziato aumentando via via la capacità della memoria centrale, può essere ingrandito combinando diversamente 90 unità ausiliarie di tipo e velocità differenti, in modo da adeguarsi a qualsiasi tipo di applicazione e a qualsiasi volume di informazioni da elaborare.
Inoltre si può passare facilmente da un modello ad un altro più potente senza dover riscrivere i vari programmi necessari al funzionamento della macchina. Speciali programmi di controllo guidano automaticamente ogni. elaboratore· in tutte le sue funzioni, permettendogli di effettuare più lavori contemporaneamente, controllando la disponibilità e l'efficienza di tutte le unità previste e indicando all'operatore quali sono gli interventi da eseguire.
Con il Sistema/360 vengono cosi superate alcune limitazioni della generazione precedente, in cui gli elaboratori erano generalmente progettati "su misura" per un impiego esclusivamente scientifico o commerciale, con una ben determinata dimensione e con linguaggi e programmi diversi per i vari tipi di macchina.
Il "nanosecondo"
Negli elaboratori di 3a generazione, che impiegano i velocissimi circuiti integrati, il tempo si misura in "nanosecondi" cioè in miliardesimi di secondo. Per avere un'idea di questa velocità, mille volte superiore a quella consentita dalle macchine della precedente generazione, basti pensare che un nanosecondo sta a un secondo come un secondo sta a 30 anni. In altri termini, in un miliardesimo di secondo la luce - viaggiando alla velocità di 300.000 chilometri al secondo - riuscirebbe a percorrere solamente 30 centimetri. Grazie alle nuove tecniche adottate, un'elaborazione che richiedeva circa un'ora di tempo agli inizi degli anni 50 viene eseguita alla fine degli anni 60, su una macchina di dimensioni analoghe, in pochi secondi.
La memoria di transito
I traguardi raggiunti nella miniaturizzazione dei circuiti elettronici, e quindi nella rapidità dì eiaborazione, impongono degli accorgimenti per adeguare la velocità della memoria principale a quella dell'unità centrale.
Tra la memoria principale a nuclei magnetici, che lavora in milionesimi di secondo, e l'unità centrale, che è circa mille volte più veloce, viene allora collocata una memoria cosiddetta "di transito" costituita da circuiti molto veloci.
Poco prima dell'elaborazione, i dati vengono trasferiti dalla memoria principale a quella dì transito, che - nell'istante in cui sono necessari - li scarica a gruppi e ad alta velocità nell'unità centrale.
La tecnologia dei circuiti integrati
La caratteristica tecnologica degli elaboratori della 3a generazione è la presenza nell'unità centrale dei circuiti integrati microminiaturizzati, la cui fabbricazione sì basa su conoscenze molto avanzate in diversi settori, dall'elettronica alla chimica, dalla fisica alla metallurgia.
L'impiego dì tecniche raffinatissime e complesse, che richiedono centinaia di operazioni diverse, ha poi permesso di aumentare sempre più il grado di miniaturizzazione dei circuiti elettronici integrati e di diminuire i costi di produzione.
Mediante la tecnologia cosiddetta "monolitica", per esempio, una sbarretta di silicio viene tagliata in fette sottilissime. Su ciascuna fetta, mediante metodi fotolitografici, si formano centinaia di micro pìastrine che misurano pochi millimetri quadrati: un'unica piastrina può contenere oltre un migliaio dì transistor, diodi e resistenze integrati fra loro in oltre un centinaio di circuiti interconnessi. Le piastrine monolitiche vengono poi montate su moduli di ceramica, di circa un centimetro di lato, che sono incapsulati e riuniti in tessere per ottenere le funzioni e le operazioni volute. L'elevato grado di densità dei componenti elettronici nei circuiti integrati consente di ottenere un'altissima velocità di elaborazione, un ingombro estremamente ridotto, una minore dispersione di potenza elettrica e una sicurezza di funzionamento molto maggiore. La riduzione dei punti di contatto meccanico di saldatura e di molte interconnessioni comporta infatti automaticamente la diminuzione delle possibilità di guasti.
Lo sviluppo dei terminali
Uno degli elementi più nuovi e interessanti di questo periodo è il grande sviluppo delle unità terminali, già apparse verso la fine della precedente generazione e progettate per trasmettere dati all'elaboratore da punti distanti poche decine di metri fino a migliaia di chilometri.
I terminali possono essere collegati in gran numero all'elaboratore attraverso apposite unità per il controllo della trasmissione dei dati cui fanno capo le varie linee telefoniche o telegrafiche in arrivo e in partenza.
Alla fine degli anni sessanta la gamma dei terminali a disposizione è molto vasta e comprende unità specializzate per la raccolta dei dati negli stabilimenti o per l'automazione delle operazioni bancarie, unità che rappresentano le informazioni su uno schermo video o che rispondono direttamente a voce, trasformando in suoni le risposte pre registrate nella memoria dell'elaboratore.
L'elaboratore al telefono
Una tecnica completamente nuova, nata con le macchine della 3 generazione, è quella nota come "time-sharing", che consente a numerose persone di sfruttare contemporaneamente un grande elaboratore centrale mediante terminali dislocati nel proprio posto di lavoro.
Guidato da speciali istruzioni, l'elaboratore salta da un utilizzatore all'altro ad intervalli prefissati ed è così rapido, rispetto alla velocità dei terminali, che nessuno si rende conto di usare la macchina assieme ad altri. In qualsiasi istante è possibile chiamare l'elaboratore, che può anche trovarsi a centinaia di chilometri di distanza, per sottoporgli il proprio problema da risolvere. Attraverso questa tecnica, ripartendo i costi tra diversi utilizzatori che hanno bisogno di impiegare la macchina solo in certi momenti della giornata, l'elaboratore arriva in casa come la televisione, il telefono o l'acqua potabile.
I programmi di controllo e di supervisione
L'elaboratore elettronico è diventato grande, veloce e complesso.
All'unità centrale sono collegate varie memorie ausiliarie, unità per l'immissione e l'emissione dei dati, terminali per l'elaborazione a distanza.
Per svolgere le varie applicazioni vengono impiegati tinguaggi di tipo diverso e programmi sempre più complessi.
Allo scopo di ·coordinare l'intero funzionamento dell'elaboratore viene creato "il sistema operativo", composto da un insieme di programmi che non hanno lo scopo di risolvere un dato problema, ma di aumentare l'efficienza della macchina attraverso l'eliminazione dei tempi di attesa, degli interventi frequenti dell'operatore per avviare e sorvegliare le varie operazioni, delle possibilità di errori manuali.
Già presente negli elaboratori più potenti della 2a generazione , il sistema operativo guida e controlla automaticamente, senza intervento dell'operatore, il funzionamento della macchina: va a cercare i lavori da eseguire nell'ordine prestabilito,i programmi e i traduttori di linguaggi da impiegare per ciascuno di essi, le unità periferiche da usare, controlla lo svolgimento delle elaborazioni, le interrompe provvisoriamente per iniziarne altre più urgenti. Infine, avvisa l'operatore in caso di errori o disfunzioni che non riesce a correggere direttamente.
I microprogrammi
Nuove soluzioni strutturali sono ottenute nei moderni elaboratori mediante la cosiddetta "microprogrammazione", che permette di raggiungere velocità di calcolo piu elevate. La sequenza di passi elementari in cui si scompone un'operazione da eseguire viene attivata da una serie di microistruzioni registrate in una speciale memoria veloce "di sola lettura".
Questo consente di evitare la presenza di circuiti di calcolo molto complessi, di memorizzare in modo permanente alcune istruzioni di uso frequente e generale o di inserire nuove istruzioni non previste dalla macchina-base .
Nuovi linguaggi di programmazione
Per favorire sempre più il colloquio fra l'uomo e l'elaboratore, vengono sviluppati nuovi linguaggi simbolici di programmazione: tra questi il PL/1 (Programming Language/1), un linguaggio versatile messo a punto per risolvere problemi sia scientifici che commerciali, e l'APL (A Programming Language), impiegato per interrogare l'elaboratore mediante terminali.
La multiprogrammazione
Negli elaboratori meno recenti i vari lavori da svolgere (per esempio un calcolo scientifico, la preparazione delle paghe per i dipendenti ecc.) erano trattati isolatamente secondo l'ordine di introduzione.
Per sovrapporre le fasi di elaborazione di lavori diversi si è ricorsi, in particolare, alla tecnica della multiprogrammazione . Sotto il controllo continuo del sistema operativo e mediante l'impiego di speciali canali per lo smistamento dei dati all'interno dell"elaboratore, i programmi relativi ai vari lavori vengono contemporaneamente introdotti nella memoria principale e l'elaborazione salta automaticamente da un programma all'altro sfruttando i tempi di attesa: mentre un programma è momentaneamente fermo perché aspetta per esempio l'arrivo di alcuni dati che devono essere letti su un nastro magnetico, l'unità centrale elabora i dati di un altro programma, e cosi via.
GLI ELABORATORI DEGLI ANNI SETTANTA
All'inizio degli anni 70 gli elaboratori sono ormai strumenti di uso comune negli istituti scientifici, nelle aziende di ogni dimensione, nella pubblica amministrazione. La velocità di calcolo si è ancora accresciuta mediante l'adozione di circuiti sempre piu microscopici; le unità periferiche per l'immissione e l'emissione dei dati, attraverso le quali avviene la comunicazione tra l'uomo e l'elaboratore, si perfezionano sempre di più.
Un lettore può, ad esempio, leggere oltre 1.000 schede al minuto e una stampatrice stampare
2.500 righe al minuto.
In particolare, sempre maggiore importanza hanno assunto le memorie ausiliarie a dischi magnetici, oggi indispensabili in qualunque applicazione perché consentono di immagazzinare parecchi miliardi di caratteri che sono immediatamente utilizzabili per l'elaborazione.
Ma l'elaboratore non è diventato solamente piu potente ed economico, meno ingombrante e piu sicuro. Lo sviluppo è stato particolarmente notevole anche per quanto riguarda le tecniche di utilizzazione. La capacità di eseguire contemporaneamente decine e decine di lavori diversi, la possibilità di dialogare con altri elaboratori e con numerosi terminali dislocati a grande distanza, la capacità di immagazzinare, reperire ed elaborare enormi quantità di dati, sono caratteristiche considerate ormai indispensabili per ogni elaboratore.
Milioni di operazioni al secondo
Nel 1955 tutti gli elaboratori installati negli Stati Uniti erano in grado di eseguire complessivamente, in un secondo, circa 250.000 addizioni. Oggi, questa è la velocità operativa di un solo elaboratore di medie dimensioni.
L'enorme aumento della velocità è strettamente legato alle innovazioni tecnologiche introdotte. Un elaboratore a valvole della 1a generazione, all'inizio degli anni cinquanta, poteva eseguire circa 2.200 moltiplicazioni al secondo; con l'impiego dei transistor una macchina della 2a generazione raggiungeva le 38.000 moltiplicazioni al secondo. Nel 1964 queste velocità diventano comuni anche ad elaboratori a circuiti microminiaturizzati di medie dimensioni, mentre oggi un sistema a circuiti integrati monolitici è in grado di compiere in un secondo due milioni di moltiplicazioni.
Parallelamente al crescere della velocità, i costi da sostenere per ogni singola elaborazione sono
costantemente diminuiti: oggi sono meno di un centesimo di quelli del 1952.
Circuiti elettronici per registrare le informazioni
I circuiti integrati vengono utilizzati dagli elaboratori piu moderni non solo nelle unità logiche, aritmetiche e di controllo, ma anche nella memoria principale.
Anziché sui tradizionali anellini di ferrite, le informazioni vengono cioè immagazzinate nei circuiti elettronici integrati sotto forma di presenza o assenza di tensione elettrica.
In questo modo si riduce praticamente della metà lo spazio necessario alla memoria, si aumenta la velocità operativa per la maggior vicinanza tra i circuiti e si diminuisce la possibilità di
guasti attraverso l'eliminazione di molte connessioni circuitali qui ricavate sulle piastrine stesse di silicio.
Una memoria piu grande di quella reale
Ogni programma, per essere eseguito, deve essere portato nella memoria principale dell'elaboratore. La macchina può quindi svolgere solamente programmi la cui ampiezza complessiva non superi la capacità della memoria principale. Per superare queste limitazioni è nata una tecnica nota come "memoria virtuale". I vari programmi da svolgere sono registrati sulla memoria ausiliaria a dischi, molto più ampia ed economica
di quella principale, e sono suddivisi in tante piccole parti o "pagine".Ad ogni istante viene trasferita nella memoria principale solo quella pagina che è necessaria all'esecuzione in quel dato momento e che viene poi riportata sul disco, mentre un'altra va a prendere il suo posto nella memoria principale e cosi via.
Con il metodo del trasferimento delle pagine, l'elaboratore opera come se disponesse di una memoria principale molto più ampia di quella reale. Questa tecnica richiede speciali circuiti nell'unità centrale e complessi programmi di controllo che sovraintendano al continuo scambio di pagine tra memoria principale e disco magnetico.
I terminali "intelligenti"
Dai terminali più semplici, capaci di trasmettere e ricevere dati, si passa gradualmente a quelli cosiddetti "intelligenti" che sono anche in grado di funzionare automaticamente svolgendo operazioni aritmetiche e logiche.
I terminali intelligenti sono veri e propri sistemi, dotati di un'unità di controllo e di una propria memoria dove vengono registrati i dati e le istruzioni che ne guidano il funzionamento a seconda del particolare lavoro da eseguire.
Controllano l'immissione dei dati, svolgono le elaborazioni di tipo più semplice, registrano e stampano i risultati, trasmettendoli immediatamente o in periodi successivi all'elaboratore centrale senza intervento dell'operatore. Fra i terminali di questo tipo, una speciale unità per l'immissione dei dati registra, per esempio, le informazioni introdotte mediante la tastiera su un piccolo disco magnetico che sostituisce le schede perforate: un solo disco può registrare i dati normalmente contenuti in 3.000 schede, tra-smettendoli all'elaboratore o riversandoli su un nastro magnetico.
Altri sistemi terminali sostituiscono i tradizionali registratori di cassa nei grandi magazzini, rilevando magneticamente i dati delle etichette che . identificano la merce; unità dispensatrici automatiche di banconote da 10.000 lire possono essere installate all'esterno di una banca, consentendo di prelevare contanti anche fuori del normale orario di lavoro mediante l'introduzione di uno speciale tesserino di riconoscimento.
La diffusione degli elaboratori nel mondo
Alla fine del 1973 la proliferazione degli elaboratori ha raggiunto dimensioni molto elevate: in tutto il mondo sono installati quasi 190.000 elaboratori, di cui circa 105.000 negli Stati Uniti, 44.000 nell'Europa Occidentale, 9.500 nell'Euro pa Orientale e 13.000 in Giappone.
Anche l'occupazione ha raggiunto in questo settore cifre ragguardevoli. Si calcola che siano oggi occupate nelle varie attività collegate all'industria degli elaboratori e al loro impiego (addetti alla progettazione e produzione delle macchine, alla loro vendita e manutenzione, personale impiegato dagli utilizzatori per programmare e far funzionare le macchine ecc.) circa due milioni di persone. In Italia gli elaboratori installati o ordinati alla fine del 1974 erano oltre 5.500, suddivisi in circa 4.400 di piccole dimensioni, 650 di medie dimensioni e 450 di grandi dimensioni. La Lombardia assorbe ancora quasi un terzo di tutti gli elaboratori italiani, seguita da Lazio, Piemonte, Emilia e Veneto. Per quanto riguarda la diffusione settoriale circa il 47% degli elaboratori è impiegato dalle industrie manifatturiere, il 17% da banche e assicurazioni, il 16,5% dalla pubblica amministrazione, il 9% da aziende commerciali. Nel 1971 circa 55.000 persone erano addette alla direzione e al funzionamento dei centri per l'elaborazione dei dati installati nel nostro Paese; se condo stime attendibili, il fabbisogno di specialisti a tutti i livelli dovrebbe superare nel 1975 le 160.000 unità. Anche i terminali per l'elaborazione dei dati a distanza, collegati a sistemi centrali di calcolo, han no avuto un notevole sviluppo durante gli ultimi anni. Negli Stati Uniti sono installati quasi 300.000 terminali, mentre in Italia i 19 terminali presenti nel 1966 sono diventati oggi oltre 15.000.
Nuovi criteri di impiego
All'inizio degli anni cinquanta l'elaborazione dei dati era praticamente limitata ai problemi contabili e amministrativi da una parte e a quelli scientifici dall'altra, attraverso la semplice esecuzione di calcoli o la risoluzione di equazioni matematiche Nel 1960 gli elaboratori erano gi impiegati in 300 tipi di applicazioni diverse che diventavano 1.600 appena otto anni dopo. Oggi si contano oltre tremila differenti aree applicative nei campi più svariati. Ma, soprattutto, si è assistito a una profonda evoluzione dei criteri di impiego che ha portato queste macchine a rivoluzionare il concetto stesso di organizzazione e gestione di una azienda o di un organismo qualsiasi.
Il sistema informativo integrato
L'obbiettivo naturale di ogni organismo,un'azienda come uno stabilimento o un ente pubblico, è di arrivare a un sistema razionale di gestione. Per giungere a questo risultato, ogni dirigente deve avere a disposizione tempestivamente le informazioni necessarie per decidere nel modo migliore. Si crea allora nella memoria dell'elaboratore una "banca dei dati" contenente tutte le informazioni che riguardano i vari settori dell'azienda: ciascuna persona responsabile potrà interrogare in ogni momento l'elaboratore mediante un terminale installato nel proprio ufficio, conoscendo cosi la situazione completa e aggiornata dell'intera azienda.
La ricerca automatica delle informazioni
Una volta immagazzinate nell'elaboratore milioni di informazioni, la macchina deve essere programmata per trovare e fornire tempestivamente la singola informazione che viene richiesta. E il caso di un avvocato che desideri conoscere tutte le leggi riguardanti una certa causa che sta patrocinando, o del cliente di una banca che voglia avere rapidamente la situazione del proprio conto corrente, o di un medico che abbia bisogno di informarsi su tutta la casistica di una certa malattia. L'elaboratore deve quindi catalogare, classificare e ordinare l'enorme quantità di informazioni in suo possesso, in modo tale da essere capace di ritrovare immediatamente quelle necessarie ogni volta che esse sono richieste e in qualsiasi modo venga formulata la richiesta.
L'alluvione nell'elaboratore
Mediante la tecnica della simulazione matematica è possibile sperimentare e valutare tutte conseguenze di un'azione futura (una decisione dell'uomo o un evento naturale)senza correre il rischio di doverle affrontare nella realtà. Si può, per esempio, sapere in anticipo se l'acqua di un fiume supererà gli argini quando le piogge oltrepassino una certa intensità; oppure che effetti produrrà sull'economia nazionale una modifica del regime fiscale; oppure come reagiranno i consumatori al lancio sul mercato di un nuovo prodotto.
Per poter risolvere questi problemi è necessario costruire un "modello matematico", cioè una serie di complesse equazioni che esprimono matematicamente il legame fra tutti gli elementi che costituiscono e influenzano il fenomeno in esame, sia esso la struttura economica di un paese o il comportamento di un corso d'acqua. Introdotte le equazioni nella memoria dell'elaboratore, questo è in grado di effettuare in poco tempo l'enorme quantità di calcoli che consente di vedere come si comporterebbe il fenomeno al variare di un elemento qualsiasi.
UN PROTAGONISTA DEL NOSTRO TEMPO
L'impiego del primo elaboratore elettronico prodotto in serie risale ad appena venticinque anni fa, ma la sua presenza sta diventando ormai sempre più sensibile nella nostra vita di ogni giorno. Nato per eseguire calcoli matematici, l'elaboratore è oggi ben più di una semplice macchina da calcolo, anche se continua a compiere il proprio lavoro sommando lunghe file di uno e di zero. E uno strumento operativo che fornisce rapidamente e nella forma più opportuna le informazioni richieste in misura sempre maggiore non solo dalle aziende, ma anche dalla società civile. Informazioni necessarie all'uomo per migliorare sul piano industriale, scientifico e organizzativo, per conoscere ed affrontare meglio, giorno per giorno, la complessa realtà del nostro tempo.
L'elaboratore elettronico è semplicemente una macchina, ma una macchina che può liberare l'uomo da lavori noiosi e ripetitivi per consentirgli di pensare e di ideare, di espandere la sua creatività e la sua immaginazione.